Gli europei rappresentano l’8% della popolazione mondiale; essi producono il 25% del PIL mondiale. Roba da essere fieri: eccellente produzione ad elevato valore aggiunto ed elevata tecnologia, prodotti di elevato contenuto (reale e percepito), servizi offerti di superiore qualità, salari e redditi più elevati.
Ma … gli europei assorbono il 50% dei costi welfare: salute, assistenza, pensioni. Un doppio equilibrio difficilmente mantenibile in futuro: non potremo permetterci per lungo tempo un così evidente disequilibrio sul fronte del welfare, e non potremo farcela ad incrementare la percentuale di PIL, con una popolazione stabile e con livelli di occupazione sotto-ottimali.
Che fare? Abbassare le aspettative di erogazione di welfare, innanzi tutto, con quanto questo (purtroppo) comporta: livelli di servizi sanitari e di assistenza inferiori, domani, a quelli di oggi; piani pensionistici meno generosi di quelli odierni, solo parzialmente mitigati da una più lunga vita lavorativa.
Quanto vale per gli europei vale ancor più, e più duramente, per gli italiani. Ma questi si crogiolano nel tifo quasi-calcistico “IMU si, IMU no” (e la nostra modesta posizione è: IMU si, come avviene nei paesi civili dove la tassazione sulla ricchezza, anche immobiliare, è “business as usual”).
Come anticipava Karl Marx, qualcuno ha comprato a prestito la corda a cui verrà appeso.