Il “caso Stamina” rappresenta un caso esemplare di come lo stato si muove su 2 terreni essenziali: salute e diritto. La commissione scientifica istituita dal ministero della Salute, sulla base del decreto-Balduzzi che ne ha imposto la sperimentazione, dopo un anno ha concluso che i trattamenti proposti dalla fondazione Stamina non sono plausibili e sperimentabili, come già accertato dai Nas dall’Aifa nel maggio 2012, e che il c.d. “protocollo Vannoni” non riveste carattere di adeguatezza medica e scientifica per la cura di malattie varie, incluse quelle neuro-degenerative. Le massime autorità sanitarie si sono mosse in modo incauto, tardivo, contrastante: specchio della nebulosità imperante in molti, troppi campi nazionali. Sul piano del diritto, la vicenda ha mostrato la debolezza del Titolo V della Costituzione nella forma riformata: come immaginare una sanità in cui i farmaci vengono approvati e regolati a livello regionale? Le regioni Sicilia ed Abruzzo erano pronte a sostenere la c.d. sperimentazione di un metodo poi dichiarato fallace, con la conseguenza di trasferire alle strutture sanitarie regionali il carico economico di una “non-terapia”, sottraendola al controllo nazionale. Una stima, seppure di massima ed a livello nazionale, ha indicato in 3.750.000.000 euro il costo dell’intera profilassi per un ciclo completo di trattamento (al costo unitario di 30.000 euro a coltura delle cellule mesenchimali, per i 25.000 soggetti in attesa a suo tempo indicati dalla fondazione Stamina). L’accesso alla salute universale merita un approccio meno “raffazzonato” da parte di medici, scienziati, magistrati, amministratori pubblici.
Mese: dicembre 2013
L’ incertezza del diritto corre sul web. Con il disegno di legge sulla “Web Tax” non solo il governo ha inciso su aspetti fiscali non secondari (chi compra online deve rivolgersi ad aziende con partita Iva italiana), ma ha aperto fronti di disputa legale non indifferenti: centri media ed intermediari che acquistano pubblicità online non sanno in che modo regolare in modo legale gli acquisti fra loro; la norma si applica solo alla pubblicità visibile sul territorio italiano, ma nell’era di internet i confini non esistono più: come evitare che utenti che si collegano da una postazione estera non “vedano” la pubblicità su siti gestiti da “providers” italiani? Norme scritte secondo criteri accettabili nell’era pre-internet che dimostrano ampia fallacia nel nuovo “paradigma”. Alcuni operatori stanno pensando di chiedere ad intermediari esteri di acquistare pubblicità per conto, facendo attenzione a fatturare il servizio come consulenza e non come intermediazione pubblicitaria. Anche il previsto aumento dell’ “equo compenso” (sino al 500%, con previsione di gettito di 300 milioni) sui diritti d’autore per i dispositivi elettronici avrà l’effetto di limitare la circolazione di idee, informazioni, a danno dei consumatori. Sempre i primi a disincentivare nuove imprese, nuove attività, nuove ricadute tecnologiche.
Ecco completato (al netto delle “pillole”….) il caricamento del materiale prodotto in occasione dell’incontro con Gino Gumirato sulla Sanità, il 26/11 a Palazzo Isimbardi.
https://liberiamo.org/gumiratos-sanita/
Le feste ci permettono di recuperare il tempo perduto e di pubblicare il fondamentale contributo di Gino Gumirato sull’argomento Sanità.
Abbiamo dedicato al contributo di Gumirato (che tra l’altro si è iscritto all’Associazione e di questo siamo onorati) un’intera pagina > Gumirato’s Sanità < che contiene anche un’introduzione scritta da Gino e il materiale proiettato durante la sua presentazione.
A presto con nuovi contributi….
Il Comune di Roma possiede il 51% di Acea, società quotata che gestisce il business dell’acqua e dell’energia, con 9 milioni di utenti. Un emendamento al Decreto Legge sugli enti locali obbligava il Comune a “dismettere ulteriori quote di società quotate in Borsa limitandosi a mantenere la quota di controllo” (quindi, il 30%). Col parere favorevole della maggioranza, in Senato la norma è stata cancellata: il Comune, che nel 2013 ha un “rosso” di 816 milioni (coperto da un “coacervo” di poderose coperture statali assai discutibili, e senza aumenti di tasse locali: paga la periferia nazionale), potrà continuare ad essere azionista di assoluta maggioranza e nel contempo allungare la mano per chiedere, e ricevere, ulteriori aiuti pubblici: il sindaco pro-tempore ha tuonato contro la riduzione dei trasferimenti ai comuni; ma si guarda bene dal mettere in vendita una quota azionaria del 20% di una società che capitalizza 1.774 milioni: 350 milioni forse non sono sufficienti a salvare Roma, certo farebbero comodo.
BUON NATALE DA LIBERIAMO!
Un report del 2012 della Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali ha indicato che gare ed offerte anche per macchinari identici, sono disomogenee, senza trasparenza sugli elementi forniti. Tipico il caso dello stent coronarico: 448 euro in Toscana, 850 in Piemonte, 950 in Campania, stesso modello e fornitore. Inutile anche il varo, nel luglio 2012, dei “prezzi di riferimento”, i c.d. costi standard per macchinari e materiale; le azienda hanno invaso il Tar del Lazio di ricorsi, con il Tar che ha dato subito ragione alle aziende, derubricando i prezzi di riferimento dei “dispositivi medici” (i prodotti materiali) a mero parametro di riferimento “quali strumenti di programmazione e razionalizzazione della spesa”: acclarato che non servono a ridurre i costi, è totalmente oscuro a che possano servire, anche laddove il prezzo di riferimento resta obbligatorio, come nelle altre categorie: a chi tocca verificare il comportamento delle ASL? Non alla Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che non sa neppure se le amministrazioni osservino i limiti stabiliti; forse alla Corte dei Conti; inutile cercare risposte alla Consip, la centrale da cui dovrebbero passare gli acquisti di tutta la P.A.: molte amministrazioni vi si sottraggono, senza essere sanzionate. La legge stabilisce che laddove vi sia una convenzione Consip è legittimo fare da sé, ma solo a patto di spuntare un prezzo migliore. Emblematico il caso della ASL di Catania che fra il 30.10.2012 e l’ 11.2.2013 ha effettuato autonomamente acquisti di farmaci per oltre 2 miliardi di euro.
Il malato è grave; urge salasso?
Bilanci locali in tilt: il meccanismo del calcolo dell’IMU prevede che il 30,76% dell’imposta complessiva sia trattenuto a livello centrale e poi ripartito fra i Comuni come fondo di solidarietà; ma come rappresentare tutto nei bilanci comunali, in assenza di regole a 2 giorni lavorativi antecedenti il pagamento da parte dei contribuenti? Molti Comuni iscriveranno tutta l’IMU al lordo (e non al netto del 30,76%; quindi IMU iscritta fra le entrate e trattenuta del 30,76% fra le spese) perché ciò gonfia artificialmente una serie di parametri a cui sono legati i vincoli di spesa: i sindaci non possono spendere più del 40% delle uscite correnti per il personale, non possono indebitarsi se gli oneri di ammortamento superano il 6% delle entrate, e via andando.
Il doping dei bilanci comunali probabilmente sarà bloccato ex-post dall’intervento tardivo del Governo: come sempre, il campionato è falsato.
3.000 gestioni per 60 milioni di abitanti, una ogni 20.000 abitanti; il costo dell’acqua (media) più basso d’Europa con 1,5 euro al metro cubo contro oltre 4 euro per Inghilterra, Francia, Svizzera, Germania; un patrimonio di risorse idriche superficiali e sotterranee elevato, con un consumo di 44 miliardi di metri cubi di acqua annuo e disponibilità effettiva dell’88%, seppure variabile per stagionalità e base regionale (penalizzato il Meridione); perdita della rete di oltre il 30%, contro il 22% della Spagna, il 19% dell’Inghilterra, il 10% in Danimarca, il 7% in Germania; una richiesta di investimenti complessivi di 65 miliardi, di cui 25 dichiarati “urgentissimi”; morosità al 4,5% sull’effettivo fatturato; tariffe disomogenee, che favoriscono spreco ed uso eccessivo in alcuni settori (agricoltura estensiva ad elevato consumo, come il mais); una legislazione farraginosa e con sovrapposizioni fra una pluralità di attori da commedia dell’arte. I referendum hanno eliminato la remunerazione del capitale in tariffa, con strascichi di contestazione da parte di Forum dell’acqua ed associazioni dei consumatori.
Epilogo tragico per un paese che vide gli antichi romani costruire, a partire dal 312 a.C., i primi acquedotti (alcuni ancora in servizio) con tecnologie sopraffine, per l’epoca (1 metro di pendenza ogni km), e capaci di erogare grandi quantità di acqua (a Roma pari al doppio di quella attuale).
Cosa c’è di più bello del regalare una iscrizione 2014 a Liberiamo?
E’ facile! e ci sono varie opzioni:
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Liberiamo – Iscrizioni 2014
Vi ricordiamo che continua impetuosa la campagna iscrizioni 2014!
Da oggi potete iscrivervi in due modi:
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In entrambi i casi è possibile pagare con bonifico o con PayPal.
Infatti, come dice l’avveduto, prima di andare in vacanza stampa una decina di moduli di adesione.
Potrebbero esserti utili in zone in cui non c’è copertura.
Il modulo cartaceo è il Pan di Via dei Liberiamo Boys.
“Spero anch’io che le imposte si ritocchino in guisa che ciascuno abbia le minori noie possibili, e paghi ciò che deve pagare, e ne abbia vantaggio tanto la giustizia come l’erario” osservò il senatore Quintino Sella, ministro delle Finanze, intervenendo il Parlamento il 18 ottobre 1874.
Non esistevano ancora internet, Google, la UE; esistevano invece buonsenso, senso dello stato, rispetto delle regole, tutte cose ormai tramontate e sepolte da ignoranza dabbenaggine incompetenza dei politici nostrani, ad essere gentili assai.
La settimana appena conclusa è paradigmatica dell’abisso intellettuale e legislativo in cui è sprofondata l’Italia: è passata la legge c.d. “Google Tax” che impone l’acquisto di beni online solo da venditori che abbiano una partita Iva italiana, in spregio alla normativa europea sulla libera circolazione dei servizi; l’Agcom ha stabilito, di propria iniziativa, la propria esclusiva competenza sul diritto d’autore online; il decreto “Destinazione Italia” ha vietato il “link” di contenuti editoriali se non preventivamente autorizzato (si intende, a pagamento … su tariffe stabilite dall’Agcom) dalle associazioni di categoria degli editori; il governo ha previsto un programma di benefici fiscali all’acquisto di libri, solo cartacei, e con esclusione di quelli con supporto elettronico.
Passano i decenni e la fervida immaginazione legislativa italica conferma la dotta affermazione, fatta un secolo fa, di Maffeo Pantaleoni : “qualunque idiota è capace di imporre nuove tasse”.
I costi della sanità. Un report del 2012 della Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali ha indicato che gare ed offerte anche per macchinari identici, sono disomogenee, senza trasparenza sugli elementi forniti. Tipico il caso dello stent coronarico: 448 euro in Toscana, 850 in Piemonte, 950 in Campania, stesso modello e fornitore. Inutile anche il varo, nel luglio 2012, dei “prezzi di riferimento”, i c.d. costi standard per macchinari e materiale; le azienda hanno invaso il Tar del Lazio di ricorsi, con il Tar che ha dato subito ragione alle aziende, derubricando i prezzi di riferimento dei “dispositivi medici” (i prodotti materiali) a mero parametro di riferimento “quali strumenti di programmazione e razionalizzazione della spesa”: acclarato che non servono a ridurre i costi, è totalmente oscuro a che possano servire, anche laddove il prezzo di riferimento resta obbligatorio, come nelle altre categorie: a chi tocca verificare il comportamento delle ASL? Non alla Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che non sa neppure se le amministrazioni osservino i limiti stabiliti; forse alla Corte dei Conti; inutile cercare risposte alla Consip, la centrale da cui dovrebbero passare gli acquisti di tutta la P.A.: molte amministrazioni vi si sottraggono, senza essere sanzionate. La legge stabilisce che laddove vi sia una convenzione Consip è legittimo fare da sé, ma solo a patto di spuntare un prezzo migliore. Emblematico il caso della ASL di Catania che fra il 30.10.2012 e l’ 11.2.2013 ha effettuato autonomamente acquisti di farmaci per oltre 2 miliardi di euro. Il malato è grave; urge salasso?
Il gruppo inglese Dixons ha deciso di uscire dai mercati dove ha una quota inferiore al 5% nella distribuzione di elettronica da consumo; dopo Turchia e Spagna, tocca ora all’Italia vedere le insegne a proprietà Dixons passare di mano: Unieuro, comprata nel 2001 e pagata 528 milioni di euro, viene ceduta ad un concorrente diretto, la Sgm Distribuzione proprietaria della catena a marchio Marco Polo Expert. A quale valore? La fretta di Dixons nel lasciare il Belpaese ha forse giocato uno scherzetto nella valutazione: 41 milioni di cassa in pancia a Unieuro a aprile 2013, Ebitda/Mol di 9 milioni, cash flow in aumento di 12 milioni sul 2012; un grande passo in avanti dopo anni orribili che hanno indotto nel 2008, quando l’Ebitda fu negativo per 66 milioni, la casa-madre ad intraprendere una decisa azione di ristrutturazione, con evidenti benefici sui conti a partire dal 2011. Dopo anni di contatti, il “deal” si è rapidamente sbloccato grazie ad un contributo in contanti di 25 milioni di euro (necessari per chiudere sede e diversi punti vendita) ed un finanziamento di 10 milioni da parte di Dixons a Venice, la holding che deterrà la totalità del nuovo perimetro Unieuro e Marco Polo; Dixons in cambio riceverà il 15% di Venice. Paga Dixons, e gli azionisti di Sgm ringraziano: il fondo Rhòne con l’80% e la famiglia Silvestrini col 20%, che gestirà il post-matrimonio; insieme, essi avranno l’85% di Venice (e 35 milioni in cassa, freschi freschi). Un gruppo con vendite totali di 1.300 milioni e 173 punti vendita in Italia.
La vicenda si presta a diverse osservazioni, che snoccioliamo con ordine.
La decisione di Dixons di uscire dall’Italia non è giunta inaspettata, dopo le chiusure in Turchia e Spagna; trova tante ragioni, indicate dal CEO: “questa operazione fa seguito agli accordi di cessione rispettivamente di ElectroWorld in Turchia e Pixmania in Francia. Una volta giunti a compimento, questi cambiamenti consentiranno al gruppo di focalizzarsi su quei territori in cui operiamo come leader di mercato”. Vendere anche a costo di rimetterci, e pagare per uscire, se necessario o richiesto da chi è rimasto al tavolo delle trattative. Per un gruppo internazionale, o si è leader (salvo ben definire che cosa si intende, in mercati dove il numero uno ha raramente il 15% di quota) o si è esce. Film già visto, e spesso replicato: tempo 5-6 anni e chi è uscito spesso torna, e spenderà più di prima per entrarci. Nell’avventura italiana, Dixons ha perso l’investimento iniziale, il capitale sociale integrato negli anni, quasi 300 milioni di perdite fiscali accumulate, cui aggiungere il contributo finale per il triste addio; qualcosa vicino al miliardo d euro.
Il mercato dell’elettronica di consumo in Italia è sotto forte pressione competitiva, di prezzo, di caduta dei consumi: nel 2012 – 8%, i primi 6 mesi del 2013 a -4%; il numero uno è Mediamarket del gruppo tedesco Metro (marchi Media World e Saturn) con 2.230 milioni di ricavi, una quota stimata del 14%, seguito da Expert con 1.810 milioni di fatturato e da Euronics con 1.781 milioni. Che cosa farà il nuovo raggruppamento Unieuro/Marco Polo? L’intento è crescere con un “piano a lungo termine finalizzato a creare un gruppo leader sul mercato italiano del commercio al dettaglio multicanale di prodotti elettronici. Se da un lato le condizioni generali del mercato in Italia restano sfidanti, la complementarietà fra le due reti consentirà al gruppo di attrarre un maggior numero di clienti in tutta Italia e di porre le basi per una crescita a lungo termine”. Significa esser pronti ad investire: sul marchio e sui punti vendita. Quale marchio? Unieuro è un marchio noto; Marco Polo fa parte del “sistema federativo” Expert; lascerà la catena Expert per concentrarsi sul marchio Unieuro? Avrà un doppio approccio di marketing? Questo limiterebbe le sinergie commerciali e di marketing, che pesano, e costano, assai per la distribuzione dell’elettronica da consumo.
Ragioni strategiche inoppugnabili, direbbe Sherlock Holmes; ed il suo amico, dottor Watson?
Se fosse un dipendente Unieuro, il mitico Watson sarebbe assai perplesso; il nuovo azionista ha messo sul tavolo delle trattative condizioni considerate irrinunciabili: mantenimento della sola sede di Sgm, chiusura della sede Unieuro che occupa centinaia di dipendenti; mantenimento di 2 società (Unieuro e Sgm) per poter fare ricorso alla CIG per quasi 200 dipendenti della sola Unieuro, causa ristrutturazione aziendale, con costi stimati di 9 milioni a carico della fiscalità generale, e questo per una società che è tornata in salute, con conti in attivo, senza debiti finanziari. E che porta in dote un piccolo tesoretto, rappresentato da quasi 300 milioni di perdite fiscali pregresse, utilizzabili in caso di fusione in Unieuro di Sgm, con semplice interpello.
E se poi il nostro dottor Watson fosse un semplice cittadino, forse si chiederebbe se operazioni come quella descritta debbano essere meglio “scrutinate” dalla amministrazione pubblica, centrale e locale: perché la strategia aziendale è sacra, le tasche dei cittadini, e dello stato che li dovrebbe rappresentare e tutelare, anche.
Riferimenti agli articoli apparsi sul Sole 24 ore del 12.7.2011, 19.2.2013, 7.9.2013, 3.10.2013, 16.10.2013 e su Repubblica del 4.11.2013.
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Specchio della civiltà occidentale, luogo di incontro scambio e scontro culturale e mercantile, il Mediterraneo ha nei suoi porti le radici e le ragioni della sua evoluzione; ed accanto ed attorno ai porti, ecco città sorte, sviluppate e decadute, come centri di scambio di idee, culture, merci e persone, laddove solo l’apertura conta come strategia economica vincente. La crisi dei porti mediterranei, e quindi delle sue città di mare, è anche frutto della chiusura al nuovo, straniero, diverso. Oggi il Mediterraneo è un “non luogo” contrassegnato dalle fratture che crescono in Europa, dal muro non solo fisico che si erge fra le sue onde e sulle sue spiagge. Il Mediterraneo soffre di un vuoto progettuale. Ed il vuoto progettuale italiano ne è la prova più eclatante.
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I video di #oltrelacrisi
Ecco in sequenza,
caricati a tempo di record dagli amici di FareInFormazione,
gli interventi della splendida serata di giovedì:
Saluti ed introduzione (Smiderle): http://youtu.be/st92vdfmH3Q
Intervento di Cipolletta: http://youtu.be/Ye3yAQ6zIos
Intervento di Mion: http://youtu.be/Yl4aWnaHrvY
Intervento di De Nicola: http://youtu.be/hyVHhkHf_bI e sua replica: http://youtu.be/16V41TpplcQ
Intervento di Zingales: http://youtu.be/B9u_Kx2EcEk
Le repliche di Mion e Zingales: http://youtu.be/NjyZ8qAYPPg
L’opera è un “prodotto tipico italiano” che ha molto successo all’estero, meno in Italia: Verdi è il compositore maggiormente presente nei cartelloni della stagione 2012/2013 dei teatri mondiali con 2.586 rappresentazioni programmate, seguito da Puccini (1.893) e Mozart (1.893); fra le 10 opere più rappresentate, 6 sono di compositori italiani. Un segno di grande successo nel mondo; ma la prima città italiana per numero di rappresentazioni è Venezia, al 42esimo posto nel mondo, con 106 rappresentazioni: Vienna è la prima con 578 rappresentazioni, seguita da Berlino (523), Parigi (437), Mosca (424), San Pietroburgo (377). I teatri italiani producono poco, e perdono progressivamente posizioni su un terreno che dovrebbe vederli in cima alla classifica. Ancora una volta, la predisposizione all’autogol emerge prepotente: sarebbe il caso di rivoltare come un calzino l’organizzazione dei tanti, troppi teatri ed enti teatrali portandoli dalla sfera pubblica a quella privata: lasciate che una bell’aria entri anche dove si dovrebbe essere usi ad esse.
Il Manifesto di Liberiamo
Sia ben chiaro a tutti: il vero e concreto Manifesto di Liberiamo siamo noi soci, nessuno escluso.
Tuttavia abbiamo deciso di buttare su carta un po’ di sdegno e speranza.
E ve lo tiriamo addosso, a voi che leggete, perché lo ributtiate da qualche altra parte.
Speriamo che qualcuno lo raccolga e lo legga e magari si unisca a noi.
Ecco qualche articolo che è stato pubblicato sullo stupendo evento di Vicenza!
Non appena disponibili ci saranno anche altri documenti e testimonianze filmate.
Nessuna la vuole, ed intanto macina perdite come una slot-machine. Il terzo bando di gara per la vendita della quota posseduta dalla Provincia di Milano, tramite Asam, pari al 52,9%, al prezzo unitario di offerta di 4 euro, per un totale atteso di 380 milioni, è andato deserto. Già nel 2012 si era tentato di vendere l’80%, somma delle quote possedute da Provincia e Comune meneghino (18,6%), al prezzo unitario di 4,45 euro.
Errare è umano, perseverare diabolico, ritentare è da suicidio. Ripercorriamo la storia parallela dell’azionista Provincia che detiene Serravalle tramite Asam, e le vicende specifiche di Serravalle.
Per Asam, un 2012 in perdita per 77 milioni e valore delle azioni Serravalle svalutato a 4 euro; questa è la seconda svalutazione consecutiva fatta da Asam: nel bilancio 2011, in previsione della procedura della vendita (mai realizzata, come sappiamo), la partecipazione non venne più considerata di carattere “durevole e strategico”; il valore di iscrizione delle azioni venne portato da 7,24 euro per azione a 4,76 euro, con una svalutazione di 235 milioni di euro; i 4,76 euro erano in linea con i 4,45 euro fissati per le due aste indette nei 12 mesi precedenti sulla Serravalle e andate entrambe deserte. Nel bilancio 2012, approvato a fine settembre 2013, il valore per azione dell’autostrada e’ stato tagliato a 4 euro, meno della metà degli 8,83 euro pagati dall’ ex-presidente Filippo Penati nella compravendita del 15% di Serravalle dal gruppo Gavio fatta nel 2005 per assicurarsene il controllo. La giustificazione per la svalutazione fa riferimenti a “gli effetti della riduzione del traffico” e le “incertezze del progetto Pedemontana”. Vedere bruciati quasi 300 milioni per incauto acquisto (su cui la magistratura indaga da tempo) è di difficile accettazione, in anni di difficoltà per i bilanci della provincia meneghina; grave rilevare l’irresponsabilità patrimoniale di chi avrebbe dovuto gestire il patrimonio pubblico, allora invocando la “strategicità” di una partecipazione di controllo in una utility posseduta anche dal Comune milanese (e la resistibile scalata assume i connotati del contrasto fra Provincia e Comune), ora per aver cancellato un “tesoretto” che si scopre, tardivamente, essere solo sulla carta. Controlli pubblici carenti, se non assenti; consigli di amministrazione silenti, se non conniventi; consigli provinciali per lo meno incompetenti. Ed i responsabili non pagano mai.
Serravalle: la società fattura oltre 200 milioni l’anno; ma l’elemento che rende cauto e dubbioso il mercato si chiama Pedemontana, la società controllata al 76% da Serravalle, e che dovrebbe costruire la strada che unirebbe Cassano Magnano, nel varesotto, ad Orio Sotto (BG), lunga 67 km e con un costo indicativo di 5 miliardi, la cui inaugurazione era prevista per Expo 2015 (ma nessun nastro è stato ancora tagliato: quale occasione persa per i tanti boiardi, sempre sorridenti in tali occasioni). Snoccioliamo i numeri, che cantano una triste litania: (1) Serravalle negli anni non ha ricevuto dai suoi azionisti (all’80% pubblici) gli aumenti di capitale necessari ai suoi fabbisogni, stimati in 500 milioni; (2) pertanto, Serravalle non ha mezzi adeguati per capitalizzare Pedemontana che necessita di 1.000 milioni per sostenere, con capitale, l’investimento di 5 miliardi (prevedendo che i 4 miliardi mancanti vengano da debito, fatte salve disponiblità di credito bancario e futura profittabilità dell’opera); (3) Serravalle deve anche rimborsare un prestito-ponte di 200 milioni, già scaduto, ed ovviamente non ha cassa né previsioni per il pagamento; (4) è in scadenza la concessione pluriennale e per rinnovarla sono necessari fondi e garanzie; (5) per aggiungere altri problemi finanziari, la Serravalle è costruttrice e concessionaria della Rho-Monza, altra opera per Expo 2015, del valore di 250 milioni; ed anche in questo caso, cassa capitale e mezzi mancano.
Decenni di malagestio pubblica, interessata al “particulare” ed al mantenimento dello “stato comatoso” pur di assicurare la presenza politica e dei politici nei consigli di amministrazione, così consentendo il peggior servizio alla collettività che vuole strade e collegamenti stradali funzionanti e mantenuti in modo efficiente e così depauperando un patrimonio che meriterebbe ben altra “cabina di comando”. Ora nessuno, nemmeno gli azionisti di minoranza Gavio e F2i, hanno presentato proposte di acquisto, nel timore che i fabbisogni futuri (ben oltre 5 miliardi di lavori necessari) richiedano uno sforzo finanziario eccessivo. Delle 2 l’una: o Serravalle e Comune di Milano abbassano le loro attese per il complessivo 80%, oppure i lombardi resteranno letteralmente imbottigliati su strade sempre meno fruibili. Dimenticavamo l’ “uovo di Colombo” nella faretra degli amministratori pubblici: maggiori tasse locali.
Così viene chiamata la CTP, Compagnia Trasporti Pubblici di Napoli, 100% della Provincia (che ha rilevato il 50% del Comune, nel 2008), un fatturato in costante calo dai 64 milioni nel 2010 ai 52 milioni nel 2012, singolare esempio di “portoghesi” a tutto gas; 98.000 euro di perdite al giorno, 135,8 milioni di perdite negli ultimi 5 anni, 300 milioni negli ultimi 10 anni; oggi oltre 1.000, i dipendenti passeranno presto a 880 in forza di un contratto di solidarietà, ed assorbono oltre il 90% dei ricavi (in calo, come abbiamo visto). Forse il trasporto pubblico è destinato ad essere un costo per la collettività, a Roma come a Napoli? Roma ha 10 volte i dipendenti di Napoli, ma fattura 20 volte tanto. A Napoli, buona parte dei ricavi sono sussidi pubblici, ben 44 milioni sui 52 milioni di fatturato nel 2012; a fronte di una media del 30% sui ricavi derivanti dalla vendita di biglietti (poco invidiabile caratteristica del trasporto pubblico nazionale): a Napoli i biglietti sono un misero 15 dei ricavi. Tanto paga la Provincia: fino a quando?
Tanto rumore per nulla, anzi il classico autogol: il gettito dei primi 10 mesi si è fermato a 159 milioni, quando le previsioni iniziali per tutto il 2013 erano di 1.000 milioni, poi riviste a 500 milioni. Ci sembra di “sparare sul pianista”, sempre che ci fosse.
#oltrelacrisi – I Protagonisti
Ecco in estrema sintesi chi sono i protagonisti dell’incontro che abbiamo organizzato questo giovedì, 5/12, al Teatro Comunale di Vicenza.
Vi aspettiamo!
Innocenzo Cipolletta

E’ un economista e dirigente d’azienda italiano, nato a Roma, 8 dicembre 1941.
Attualmente è, tra l’altro, Presidente Università di Trento, del Comitato Promotore di Venezia Nordest capitale europea della cultura per il 2019 e di AIFI (Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital).
Fra i vari incarichi è stato, dal 2006 al 2010, presidente delle Ferrovie dello Stato.
Ha scritto il libro “Banchieri, politici e militari Passato e futuro delle crisi globali”
Alessandro De Nicola

Presidente dall’Adam Smith Society, è il senior partner degli uffici italiani di Orrick, Herrington & Sutcliffe. De Nicola ha una vasta esperienza in diritto commerciale e societario, nel private equity e nel campo degli strumenti finanziari, nel settore delle fusioni e acquisizioni e in diritto della concorrenza, lavorando su numerosissime operazioni complesse di profilo internazionale e nazionale.
E’ editorialista dell’Espresso e lo è stato del Sole 24 Ore.
E’ professore a contratto da 12 anni di comparative business law e del corso avanzato di diritto commerciale presso l’Università Bocconi di Milano.
Gianni Mion

Nato a Vo’ (Pd), 6 settembre 1943
E’ stato amministratore delegato di Edizione S.r.l. (Finanziaria della Famiglia Benetton) dal 1986 e Vice-Presidente da giugno 2012.
Attualmente è membro del Consiglio di Amministrazione di parecchie società tra cui Benetton Group, Aeroporti di Roma, Autogrill, Atlantia, Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia ecc.
Luigi Zingales

Economista e accademico tra i più importanti e famosi del mondo, è nato a Padova, 8 febbraio 1963
È Professor of Entrepreneurship and Finance presso la University of Chicago Booth School of Business.
Tra i suoi libri più famosi citiamo: Salvare il capitalismo dai capitalisti, Manifesto capitalista. Una rivoluzione liberale contro un’economia corrotta.
Nell’entusiasmante e continuo proliferare di iniziative di Liberiamo, introduciamo una piccola novità tecnologica.
Con l’hashtag
#oltrelacrisi
potrete seguire in diretta le fasi salienti dell’incontro di Vicenza del 5/12, dalle 17 in poi
che, lo ricordiamo ai pochissimi che ancora non lo sapessero, vedrà allineati sul palco, i 4 “guru”:
Cipolletta, De Nicola, Mion & Zingales
(C,D,M&Z)
che rappresentano per la scena scientifico-economica quello che per il rock furono
Crosby, Stills, Nash & Young
(C,S,N&Y)
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ripensa il passato,
spiega il presente,
immagina il futuro!