Il gruppo inglese Dixons ha deciso di uscire dai mercati dove ha una quota inferiore al 5% nella distribuzione di elettronica da consumo; dopo Turchia e Spagna, tocca ora all’Italia vedere le insegne a proprietà Dixons passare di mano: Unieuro, comprata nel 2001 e pagata 528 milioni di euro, viene ceduta ad un concorrente diretto, la Sgm Distribuzione proprietaria della catena a marchio Marco Polo Expert. A quale valore? La fretta di Dixons nel lasciare il Belpaese ha forse giocato uno scherzetto nella valutazione: 41 milioni di cassa in pancia a Unieuro a aprile 2013, Ebitda/Mol di 9 milioni, cash flow in aumento di 12 milioni sul 2012; un grande passo in avanti dopo anni orribili che hanno indotto nel 2008, quando l’Ebitda fu negativo per 66 milioni, la casa-madre ad intraprendere una decisa azione di ristrutturazione, con evidenti benefici sui conti a partire dal 2011. Dopo anni di contatti, il “deal” si è rapidamente sbloccato grazie ad un contributo in contanti di 25 milioni di euro (necessari per chiudere sede e diversi punti vendita) ed un finanziamento di 10 milioni da parte di Dixons a Venice, la holding che deterrà la totalità del nuovo perimetro Unieuro e Marco Polo; Dixons in cambio riceverà il 15% di Venice. Paga Dixons, e gli azionisti di Sgm ringraziano: il fondo Rhòne con l’80% e la famiglia Silvestrini col 20%, che gestirà il post-matrimonio; insieme, essi avranno l’85% di Venice (e 35 milioni in cassa, freschi freschi). Un gruppo con vendite totali di 1.300 milioni e 173 punti vendita in Italia.
La vicenda si presta a diverse osservazioni, che snoccioliamo con ordine.
La decisione di Dixons di uscire dall’Italia non è giunta inaspettata, dopo le chiusure in Turchia e Spagna; trova tante ragioni, indicate dal CEO: “questa operazione fa seguito agli accordi di cessione rispettivamente di ElectroWorld in Turchia e Pixmania in Francia. Una volta giunti a compimento, questi cambiamenti consentiranno al gruppo di focalizzarsi su quei territori in cui operiamo come leader di mercato”. Vendere anche a costo di rimetterci, e pagare per uscire, se necessario o richiesto da chi è rimasto al tavolo delle trattative. Per un gruppo internazionale, o si è leader (salvo ben definire che cosa si intende, in mercati dove il numero uno ha raramente il 15% di quota) o si è esce. Film già visto, e spesso replicato: tempo 5-6 anni e chi è uscito spesso torna, e spenderà più di prima per entrarci. Nell’avventura italiana, Dixons ha perso l’investimento iniziale, il capitale sociale integrato negli anni, quasi 300 milioni di perdite fiscali accumulate, cui aggiungere il contributo finale per il triste addio; qualcosa vicino al miliardo d euro.
Il mercato dell’elettronica di consumo in Italia è sotto forte pressione competitiva, di prezzo, di caduta dei consumi: nel 2012 – 8%, i primi 6 mesi del 2013 a -4%; il numero uno è Mediamarket del gruppo tedesco Metro (marchi Media World e Saturn) con 2.230 milioni di ricavi, una quota stimata del 14%, seguito da Expert con 1.810 milioni di fatturato e da Euronics con 1.781 milioni. Che cosa farà il nuovo raggruppamento Unieuro/Marco Polo? L’intento è crescere con un “piano a lungo termine finalizzato a creare un gruppo leader sul mercato italiano del commercio al dettaglio multicanale di prodotti elettronici. Se da un lato le condizioni generali del mercato in Italia restano sfidanti, la complementarietà fra le due reti consentirà al gruppo di attrarre un maggior numero di clienti in tutta Italia e di porre le basi per una crescita a lungo termine”. Significa esser pronti ad investire: sul marchio e sui punti vendita. Quale marchio? Unieuro è un marchio noto; Marco Polo fa parte del “sistema federativo” Expert; lascerà la catena Expert per concentrarsi sul marchio Unieuro? Avrà un doppio approccio di marketing? Questo limiterebbe le sinergie commerciali e di marketing, che pesano, e costano, assai per la distribuzione dell’elettronica da consumo.
Ragioni strategiche inoppugnabili, direbbe Sherlock Holmes; ed il suo amico, dottor Watson?
Se fosse un dipendente Unieuro, il mitico Watson sarebbe assai perplesso; il nuovo azionista ha messo sul tavolo delle trattative condizioni considerate irrinunciabili: mantenimento della sola sede di Sgm, chiusura della sede Unieuro che occupa centinaia di dipendenti; mantenimento di 2 società (Unieuro e Sgm) per poter fare ricorso alla CIG per quasi 200 dipendenti della sola Unieuro, causa ristrutturazione aziendale, con costi stimati di 9 milioni a carico della fiscalità generale, e questo per una società che è tornata in salute, con conti in attivo, senza debiti finanziari. E che porta in dote un piccolo tesoretto, rappresentato da quasi 300 milioni di perdite fiscali pregresse, utilizzabili in caso di fusione in Unieuro di Sgm, con semplice interpello.
E se poi il nostro dottor Watson fosse un semplice cittadino, forse si chiederebbe se operazioni come quella descritta debbano essere meglio “scrutinate” dalla amministrazione pubblica, centrale e locale: perché la strategia aziendale è sacra, le tasche dei cittadini, e dello stato che li dovrebbe rappresentare e tutelare, anche.
Riferimenti agli articoli apparsi sul Sole 24 ore del 12.7.2011, 19.2.2013, 7.9.2013, 3.10.2013, 16.10.2013 e su Repubblica del 4.11.2013.