Ieri mercoledì 12 marzo 2014 il governo Renzi, giovane e ben intenzionato nella sua scanzonata epidermica simpatia, ha annunciato le linee-guida del piano di rilancio del paese.
Alcune misure sono immediatamente attivabili (lavoro: contratti a termine, apprendistato), altre sono da rendere attive (ammortizzatori sociali, pagamenti alle imprese, riforme costituzionali), altre ancora, e forse le più “pesanti”, sono allo stato di progetto (riduzione Irap, Irpef, energia).
Ripercorriamo per sommi capi i contenuti, partendo da una premessa ed una considerazione.
La premessa: tutti d’accordo nel ritenere che non sia possibile aumentare le entrate e che sia doveroso incidere sulle uscite; con una spesa pubblica annua di 800 miliardi, ottenere riduzioni di costi (nel 2014) di 3 miliardi è troppo poco: meno dello 0,4% della spesa annuale; riteniamo che un obiettivo “a tendere” debba essere un 20%.
La considerazione: non affrontiamo il dilemma “riduzione Irap o riduzione Irpef?” essendo esso “ideologico”, ci limitiamo a verificare compatibilità attuabilità e rilevanza dei provvedimenti indicati.
1. Lavoro. Bene allungamento a 36 mesi dei contratti a termine senza causale e semplificazione dell’oggetto del contratto, immediatamente esecutivo; bene la revisione dell’apprendistato (che però tarda sempre a venire adottato). Fuori-gioco la proposta di avviare una agenzia nazionale dei centri dell’impiego, se solo si riflette sul fatto che le Agenzie private, che oggi sono 2.483, occupano 10.000 persone ed hanno consentito di trovare un nuovo lavoro a 470.000 persone (dato 2012), con un tasso di collocamento (media di persone che hanno trovato lavoro, per ogni addetto) di 47. I dati dei Centri pubblici sono meno “performanti”: 553 centri che occupano 9.865 dipendenti (quindi, lo stesso numero delle Agenzie private) che hanno trovato lavoro a 35.200 persone (media ultimi 7 anni) con un tasso di collocamento di 4, meno di 1/10 di quello delle agenzie private. Il collocamento pubblico non funziona, meglio “regalarlo” ai privati. Ammortizzatori sociali: sarà fatta una proposta di riforma nei prossimi 6 mesi: ancora troppo poco e troppo presto per valutare.
2. Casa. Bene sia il “pacchetto casa” per la detrazione fiscale al 50% per l’acquisto di mobili elettrodomestici, in caso di recupero edilizio, con nuovo limite di spesa a 10.000 euro. Bene la riduzione della cedolare secca sugli affitti al 10%, presa per favorire e riattivare gli affitti calmierati. Il minor gettito (non quantificato) dovrebbe essere contenuto, se raffrontato ai benefici attesi.
3. Riforme costituzionali. Partita politica, il cui esito sarà rilevante nella misura in cui si produrranno riduzioni permanenti di costi della “macchina politica”. Con più coraggio, il governo (nella sua nuova “verve” simpatica, a volte sfrontata) avrebbe potuto proporre la sola cosa seria: portare a massimo 100 i deputati e massimo 30 i senatori (in qualunque forma “non concorrente” si scelga), che avrebbe un doppio risultato: minori costi e tempi di esame ed approvazione ridotti, non avendo necessità di passaggi in commissioni, che potrebbero essere eliminate.
4. Scuola. Valida la proposta (perché tale è) di sbloccare 3,5 miliardi bloccati fra PA centrale e PA locale; tutta da verificare la capacità del governo di “sbloccare” l’impasse burocratico che ha sinora bloccato, e rischia ancora di bloccare, gli investimenti scolastici. Auguri vivissimi.
5. Debiti della PA verso le imprese. Una proposta debole, che fa leva sulla capacità del sistema bancario di anticipare alle imprese la cessione pro-soluto dei crediti vantati verso la PA. Se i dati preliminari di 60 miliardi di crediti fossero confermati, e la cessione fosse pro-soluto, va osservato che il rischio di credito relativo, per le banche, passerebbe dalle imprese allo stato (centrale, locale), con evidente aumento del rischio-PA per le banche. Consigliamo una maggiore analisi del problema e soluzioni fattibili, serie, attivabili. (A latere, ricordiamo che la nuova “Sabatini” attende da troppo tempo i decreti attuativi: sarebbe ottima cosa che si sbloccasse questo nodo gordiano che limita la capacità investimento per le imprese).
6. Bolletta energetica. Debole immaginare la riduzione del 10% dei costi energetici per le PMI attraverso la “rimodulazione del paniere della bolletta energetica”. Consigliamo una maggiore analisi del problema e soluzioni fattibili, serie, attivabili.
7. Irap. Ridurre il peso dell’Irap (obiettivo condiviso e sottoscritto) attraverso un aumento dell’aliquota di tassazione sulle rendite finanziarie è non solo una “partita di giro” ma (1) una evidente disparità di trattamento all’interno della stessa tipologia di attività di investimento (con relativi profili di incostituzionalità, da valutare i altra sede) e (2) una misura che incide in modo significativo sull’industria del risparmio gestito, penalizzando forme di investimento diverse dai titoli di stato (pensiamo ai fondi di investimento, alle azioni, alle obbligazioni emesse, od emittende, delle PMI nella forma “mini-bond” recentemente risuscitata). E comunque, la misura del 26% si applicherà dal 1 maggio 2014; quindi, tutta da progettare, proporre, approvare in sede legislativa.
8. Irpef. Tralasciando osservazioni sulla compatibilità di una riduzione Irpef per i lavoratori dipendenti a fronte di nessuna variazione per lavoratori autonomi (che appare una chiara “presa di posizione”) e pensionati, ci limitiamo ad osservare che manca l’indicazione della copertura per 6 miliardi nel 2014 e 10 miliardi a regime, ogni anno.
Poco, mal assemblato, incerto. C’è molto da fare, il tempo scorre inesorabilmente.
I lettori di questo articolo sono invitati ad inviare commenti e formulare proposte utili al governo patrio. Grazie per l’attenzione e per aver letto questo articolo sino alla fine. Buona prosecuzione di giornata!