La frase dello storico Cornelio Tacito, vissuto nel I secolo, descrive in modo perfetto la realtà italiana:“”Corruptissima re publica plurimae leges””, le leggi sono moltissime quando lo stato è molto corrotto.
La corruzione è il filo conduttore di decenni di politica, economia e finanza; da anni ci ripetiamo come non si possa ancora peggiorare dal persistente miserrimo livello di etica pubblica e privata, e la realtà, ripetutamente, ci dimostra che al peggio non c’è limite.
Riteniamo, facendo nostra la citazione tacitiana, che l’avere troppe leggi sia la “cartina di tornasole” di incapacità, assenza di volontà, vigliaccheria di una classe politica ed amministrativa che si è alimentata e si alimenta del frutto proibito della corruzione: l’avidità che porta a chiedere e dare denaro per cause ignobili (e questo già sarebbe peccato sufficiente a negare ogni e qualsiasi diritto di difesa ai corrotti e corruttori); nella certezza dell’impunità che alimenta, giustifica e rende accettabile a corrotti e corruttori il rischio di “essere beccati”, nella convinzione di “farla franca”.
Invochiamo meno leggi: quando esse sono poche, esse sono semplici da comprendere ed attivare per via giudiziaria; invochiamo severità ed immediatezza delle punizioni; invochiamo che vi siano pochi organi di giudizio e che questi organi abbiano piena facoltà di infliggere pene, siano esse amministrative o criminali; invochiamo che ci sia assunzione di responsabilità da parte di chi deve agire e giudicare, senza che sia possibile “scaricare il barile” delle responsabilità dietro il ripetuto “non rientra nei miei compiti, io ho fatto quanto la legge mi chiede”; invochiamo che chi sia stato punito una volta sia messo nelle condizioni di non ripetere quanto fatto, e quindi sia punito con l’ostracismo per il futuro.
Comprendiamo che la corruzione è un elemento non eliminabile nella vita pubblica (e privata) laddove siano in ballo denaro, potere, autorità; e proprio perché comprendiamo che la corruzione non potrà mai essere eliminata, ma solo contenuta, riteniamo che sia indispensabile insegnare, perseguire, adottare codici etici e comportamentali elevati: negli anni passati (ed almeno da 40 anni) il livello etico dei cittadini e dei loro insegnanti, rappresentanti, tutori, giudici è sceso in modo precipitoso e dannato. Solo alzando (rectius, ri-alzando) il livello di etica negli affari, nella vita pubblica e privata, gli italiani potranno ritornare ad una vita accettabile, ad un rispetto accettabile delle norme (che devono essere poche, chiare, semplici), al rispetto delle regole, delle sentenze, dei successi ed insuccessi.
Il compito è di tutti, nessuno escluso; ma più grave è il fardello per chi si erge a rappresentante dei cittadini, amministratore della cosa pubblica, giudice del rispetto della legge.
Ai cittadini il dovere di non tacere: il silenzio è il miglior alleato del “malaffare”.
(articolo di Corrado Griffa; pubblicato in data 12 maggio 2014 su ItaliAperta)