L’Antitrust torna ad invitare governo e parlamento ad aprire alla concorrenza settori rilevanti dell’economia nazionale; per il 2014, la segnalazione appena fatta indica 10 settori, con ricette dal “ripetitivo”, al “pressante”, ma sempre “inascoltato”:
maggiore apertura nel settore del credito (con la richiesta di separazione fra fondazioni e banche partecipate) e delle assicurazioni;
comunicazione e media (l’ormai “classica” agenda digitale; copia digitale; liberalizzazione della rivendita di giornali);
carburanti (con la richiesta di maggiore concorrenza nella distribuzione di “oil” e “non oil”);
energia elettrica e gas (investimenti infrastrutturali; regime di maggior tutela; richiesta di gare pubbliche per le grandi derivazioni);
farmaceutica (apertura della distribuzione; “patent linkage”; sistemi di remunerazione della distribuzione);
sanità (libertà di accesso per gli operatori privati; accreditamento delle strutture private; equivalenze dei dispositivi medici);
servizi postali (servizio universale e modalità di affidamento, con la collegata “riserva postale” e separazione societaria: temi rilevanti in tempi di possibile quotazione; discriminazione alla concorrenza);
servizi professionali (riforma delle attività forensi e notarili);
servizi pubblici locali e società pubbliche (affidamento dei servizi pubblici locali; trasporto pubblico locale; gestione rifiuti; società “in house”);
infrastrutture aeroportuali (forme di gara di per le aree “non aviation”) e portuali (commistione fra le funzioni di regolazione e gestione; durata delle concessioni; barriere all’ingresso nei servizi tecnico-nautici).
Un’Antitrust in versione “arcobaleno”: ricette in alcuni casi valide, in altri assai indietro coi tempi e le necessità del business; un esempio su tutti, i porti, che necessitano di una forte “scossa” di apertura al mercato, imitando quanto avvenuto nel più grande porto del Nord: Rotterdam. (si rinvia a http://www.smartweek.it/fatto-del-giorno/i-porti-di-mare/ del 12 settembre 2013).