Come fossero mantra, sentiamo continuamente ripetute frasi che puntano sulle colpe di un modello sociale basato sulle libertà e sui diritti dell’individuo, in particolare su quei diritti che consentono di curare i propri interessi.
Il “particulare” sarebbe questo? Fermamente no.
Dovremmo ribellarci all’idea che il corrente stato disastroso del paese sia effetto dell’eccesso di individualismo e di liberismo.
E’ esattamente il contrario: un eccesso di familismo-corporativo.
Il “particulare” è proprio questo: una dominate cultura tribal-comunitaria-relazionale che contrappone gruppi a gruppi. Devo fare esempi? O posso pensare che di esempi ne viviamo quotidinamente senza necessità che ne elenchi qualcuno anche nel nostro piccolissimo e recentissimo?
Sembrerebbe ideologia liberal-democratica. Forse, ma preferisco pensare che abbia fondamenti razionali, empirici, pragmatici.
- La democrazia si basa sull’individuo (una testa-un voto). La Carta dei diritti umani è fondamento preliminare a qualsiasi costituzione democratica sostanziale. Dico sostanziale perché nel nostro paese la democrazia è prevalentemente di facciata, mentre le istituzioni sono occupate da mille caste (non a caso parola tribale). Quindi l’individuo è vittima e non il colpevole. I Diritti Umani , del singolo essere umano, vanno portati alla massima evidenza possibile. I diritti umani sono una trentina di articoli molto corti; suggerisco una lettura veloce con attenzione particolare al soggetto-attore di ogni articolo.
- Continua automatica la contrapposizione millenaria fra il modello sociale democratico e il modello clan-familistico-corporativo che si esprime, nel nostro linguaggio, in forma di contrapposizione fra interessi dell’individuo e quelli collettivi. Questo concetto è primitivo e da smontare con determinazione.
Per un democratico la collettività non è il clan in cui si trova precipitato dalla nascita, in forma ereditaria. Non è il clan da cui non potrà mai uscire se non da morto e, nei secoli recenti, solo con il passaporto. Rammento in proposito che le comunità democratiche stanno via via eliminando sia i confini sia i passaporti. Per il democratico la comunità è quella che si sceglie lui stesso. Quella in cui partecipa alla costruzione delle regole di convivenza condivise con i propri simili, e che poi rispetta. Avete presente quelle costituzioni che cominciano con “we the people..” o quella brasiliana “Noi, rappresentanti del popolo brasiliano, riuniti…”, o quella svizzera “ ..omissis premesse … art 1 Il popolo svizzero…”. Avete presente il nostro incipit “L’Italia è una repubblica.. (cos’è l’Italia? Un territorio? Una nazione – per me odioso concetto), ma specialmente … l’Italia è l’attore primario della costituzione?). Scusate la deviazione, ma solo per esemplificare che per gli individui la collettività è un enorme sforzo di volontà, di impegno, di lavoro perché essa funzioni. Per gli individui la comunità è il risultato di uno sforzo proprio, tutt’altro che ereditato. Un sistema da difendere. Altro che egoismo e anarchia sociale. - La collettività democratica si regge su un principio economico altrettanto fondamentale che il riconoscimento dell’individuo: la reciprocità dei benefici e dei costi. Fare il bene proprio non è un danno alla comunità. Il danno alla collettività lo fanno i briganti. Chiunque aggiunga valore a sé stesso aggiunge valore anche alla comunità, ma…solo a condizione che non faccia danno agli altri; meglio ancora se fa un pò di bene anche agli altri. Questa è l’essenza della democrazia e l’essenza del mercato. Ogni negoziazione porta beneficio a entrambe le parti. Una cosa difficile da fare. Ma l’alternativa è il gruppo, il clan, la corporazione che non si curano assolutamente del danno che possono portare ad altre tribù, ad altre collettività. Anzi prosperano sul depauperamento degli altri clan. Mi pare sia lo stato in cui ci troviamo noi. I clan sono il cancro della nostra società, non l’individuo. Bisogna smontare l’idea che fare il bene proprio inevitabilmente implichi fare danno agli altri. Questa è un’idea primitiva e antidemocratica. E’ l’idea che i beni vadano redistribuiti, spostando risorse dalle tasche di uno alla tasche dell’altro. Niente valore aggiunto. Il modello democratico invece prevede che ogni pezzo di valore aggiunto vada prima di tutto a gratificazione di chi lo ha generato e in parte alla collettività. Bene per sé e bene per gli altri. Un sistema di merito che gratifica e aumenta il valore per i singoli e per la collettività. Cosa difficile? Certamente. Ma molto più gradevole, nei suoi risultati, che la continua e frustrante rapina reciproca.