Gli investitori istituzionali italiani sono innamorati di titoli di stato, cui destinano il 57,6% del loro patrimonio (dati MISE), meno delle obbligazioni societarie, che sono il 10,6% del patrimonio, ma un modesto 2,2% in obbligazioni societarie emesse da società italiane; ed ancor meno delle azioni, che rappresentano il 14,4% del patrimonio, ma sono per la maggior parte investiti in azioni estere: le azioni italiane rappresentano lo 0,9% del patrimonio. Dati, percentuali, “sentiment” diversi all’estero: nel mondo occidentale, gli investitori istituzionali investono il 45% del loro patrimonio in azioni del proprio Paese, percentuale che sale al 70% negli USA.
Lo scenario non cambia se si osservano le sole compagnie di assicurazione, che investono 226 miliardi su 500 miliardi di riserve tecniche in titoli di stato (il 45% del patrimonio, dati Banca d’Italia) e solo 9 miliardi in obbligazioni societarie italiane, e 111 miliardi in obbligazioni societarie estere (il 22%). Seppure con dati nettamente meno significativi, il confronto degli investimenti fatti da assicurazioni italiane in fondi di private equity (dati Aifi) evidenzia che le stesse hanno investito 111 milioni, mentre le assicurazioni francesi hanno investiti 2.800 milioni. Oltre i BTP, “hic sunt leones”, terra incognita: ma se non ci credono gli investitori istituzionali, anche dopo tutti i discorsi si “Destinazione Italia” e norme sui “mini-bond”, chi deve credere nelle imprese italiane?