IntesaSanPaolo ha dichiarato (senza indicare il nome del cattivo debitore) di aver riclassificato da “ristrutturato” (possibilità di recupero) ad “incagliato” (probabilità di perdita) una singola posizione creditoria di 1.2 miliardi. Come riportato dal Sole (9.8.2013) nel mercato ci si chiede chi possa essere il debitore e gli indizi puntano su Zaleski. Non abbiamo doti divinatorie, ma siamo appena appena attenti a come val il mondo: vi rinviamo ad un recente Sodo caustico, qui accluso, dove commentavamo di banche e cattivi debitori. Compriamo tutti 1 azione ISP ed andiamo alla prossima assemblea a chiedere conto di chi, come e perché la banca eroga a piene mani a “pesci grossi e con denti grossi e famelici” e rifiuta credito a “pesci piccoli ma sani”. Per fare banca, occorre conoscere la tecnica bancaria e ben valutare il merito di credito, non svalutarlo come troppo spesso fanno le banche nazionali per palese incapacità di gestione.
Se hai un piccolo debito sei nei guai, se ne hai uno grosso è nei guai la tua banca!
Commentiamo 2 notizie fresche di giornata: il nuovo piano, l’ennesimo, di salvataggio di Zaleski; le minusvalenze potenziali sulle azioni possedute in Intesa San Paolo da parte di Fondazione Cariplo e Compagnia San Paolo. Tutto si tiene, si dice in lingua francese. Per parlare in italiano: quando le banche ed i loro azionisti si danno puntello reciproco.
Partiamo dall’alto: i 2 grandi azionisti di Intesa San Paolo, ai prezzi attuali dell’azione della banca, “perdono” rispettivamente 1,5 miliardi la Fondazione Cariplo e 500 milioni la Compagnia San Paolo. Le conseguenze sono banali, in una situazione dove tutte le banche, ed anche ISP, avranno bisogno di capitali addizionali per rispettare le regole internazionali (Basilea 3 ed a venire): non ci sono soldi in cassa, sia per partecipare ad aumenti di capitale che per erogare risorse sul territorio come prevede il loro statuto. Pessimi investimenti? Pessima gestione del patrimonio delle fondazioni? Sorte avversa e ria? Escludiamo la terza.
A chi erogano prestiti le grandi banche? In primis, a grandi debitori, ed il gruppo Carlo Tassara spa, posseduto da Roman Zaleski è uno di questi; ma che fa la Tassara? E’ una holding di partecipazioni; ma che partecipazioni? Li snoccioliamo: 1,73% di Intesa San Paolo, 1,14% di MPS, 1,42% di UBI banca, 2,5% di B. Pop. Milano, 1,41% di Cattolica assicurazioni, 2,5% di A2A (utility lombarda). Nulla di industriale. Valore delle partecipazioni agli attuali pezzi: circa 1 miliardo, a fronte di debiti col sistema bancario di 2,2 miliardi (già “limati” negli anni passati per effetto di accordi stragiudiziali con le banche).
Le banche hanno finanziato un gruppo privato e con questi finanziamenti il gruppo ha acquistato azioni delle banche stesse. Il valore delle azioni delle banche si è deteriorato (in alcuni casi, di oltre la metà del valore di acquisto). Non ci sono soldi in cassa per ripagare i debiti onerosi. Non è possibile vendere parte degli investimenti perché il loro valore attuale è inferiore a quello di acquisto e con quanto si incasserebbe non si potrebbe ripagare che una piccola parte del debito con le banche. E le banche non possono “permettersi” di rimetterci quattrini con un gruppo che ne sostiene l’assetto azionario. Con grande amicizia.
Chi si ricorda come venne sciolto il nodo gordiano? E’ che non abbiamo un Alessandro Magno.